Oramai è troppo tardi.

Di Federica Falzone.

 

In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

 

 

Si credeva forte, una saggia combattente. Si credeva tale ma tale non era. In alcun modo.
Nessuno lo è totalmente ma sicuramente lo è chi necessita di un abbraccio e fa cadere delle lacrime nel suolo sotto le sue consumate scarpe piuttosto che chi duro se ne sta e poi agisce lontano da se’.
Gemma era una giovane donna testarda, tosta, sempre attenta ai suoi cari principi, a volte troppo urlati a gran voce ma lei ci credeva follemente. E lottava come una rivoluzionaria di tempi trascorsi, di anni andati via.
Gemma, pero`, adesso non faceva più ridere le persone che le stavano intorno come sapeva fare, non aveva più voglia di uscire, di iniziare nuove azioni e opportunità, seppur con le difficoltà che dall’ansia derivano.

Non era più Gemma da quando aveva incontrato lui.

Lei non notava queste differenze nel suo modo di vivere, di percepire il mondo intorno, di muoversi in esso. Chi le voleva bene si, eccome. E la guardava con stupore e tristezza, rabbia e preoccupazione. Lentamente, profondamente lei sentiva di essere sempre irascibile, in alcuni momenti urlava il suo vedersi oramai isolata, in un angolo del mondo da quando c’era lui. Ma non mollava quella stretta che la faceva rimanere avvinghiata alle sue dita fredde, gelide, colme di fanghiglia e sangue, a quelle mani rozze di affetto, maledettamente capaci di uccidere accarezzando. Ma è differente chi accarezza l’anima da chi accarezza soltanto se stesso, imprigionando con veli di unione, umiliando con cascate di indifferenza e menefreghismo. Un menefreghismo muto che si nasconde e cela sotto una giustificazione caratteriale, che il mondo non dovrebbe permettere…. che lei non doveva permettere, innalzando la bellezza dei suoi occhi, della sua mente sopra inutili presenze, peggiori delle assenze, che sono tremendi abbagli di solitudine e morte.

Si erano conosciuti una sera estiva e immediatamente lei si era sentita a suo agio come poche volte le era accaduto. Maledetto giorno. Lui mostrava timidezza e attribuiva a questa caratteristica insicurezze e la spiegava come conseguenza di spiacevoli storie passate. Lei sentiva di volerlo proteggere nella sua dolcezza e lui le diceva continuamente quanto lei fosse diversa dalle compagne precedenti. Numerose compagne che erano poi sparite per motivi differenti, con il senno del poi per chiari motivi, forse unici, identici. Attribuiamo, a volte, a situazioni difficili cause esterne e fatali come il destino o le decoriamo di sentimenti di tenerezza. Ma nudi sono soltanto quello che sono, integralmente. Peccato che non sempre si riescono a vedere al di là dei loro giubbotti in pelle e dei pantaloni ricamati.

Si frequentarono per lunghi mesi, accoccolandosi per ore distesi, persi fra le loro braccia, distesi, persi fra le loro promesse, forti, deboli, romantiche, estremamente nocive. Si erano mostrati lati a loro sconosciuti e avevano condiviso lune ed eclissi, caffè e ruspe di vento sugli occhi. Insabbiarono giornate felici con litigi ma d’altronde anche questo era dovuto sempre a un motivo giusto, normale, vero. Era quello che si diceva e aggiungeva che due caratteri forti obbligatoriamente si scontreranno, che la loro storia era questa, che lei sceglieva sulla sua vita e le amiche che tanto la stimavano e spronavano a far emergere le sue incredibili risorse pian piano si allontanarono. Non per chissà quale crudele motivazione ma per rabbia, per delusione, per svilimento, per rassegnazione. Vedere qualcuno che splende diventare buio pesto, cenere fredda è tremendo e impotente si sente chiunque provi a intervenire. Fa male quando chi deve vedere, vede e si benda gli occhi con una finta capacità di autodeterminazione e scelta che non esiste, non c`è, non ti da forza. Perché la forza e la lucente robustezza del proprio io è persa, pestata da qualcuno che mentre ti sorride ti porta via l’amore, il semplice bagliore dei giorni. Serate estive si susseguivano e spirava ormai il vento, spingendo tutti a coprire le spalle annerite dai raggi e i litigi aumentavano. E` sempre tutto evidente, è sempre tutto così anomalo ma pensiamo di non accorgercene fin quando non crolla il soffitto del palazzo in fiamme da giorni.
Il tempo insieme costruiva ricordi e ne era felice lei di riconoscere sempre più le sue espressioni, di essere ad un passo da anniversari, di scorrere le foto sul display del suo cellulare e rivivere mille momenti di eventi passati con lui. Abbracci sotto il sole e serate a guardare le stelle ridendo dei loro difetti, addolcendo le offese permalose. Si incontravano con amici e il litigio diventava sempre più frequente, si tingeva di casualità ma sempre più questi scontri la portavano ad allontanarsi dal gruppo, per evitare guerriglie difficili da smontare a causa della rigidità delle sue convinzioni che lei non riusciva a sciogliere, a indebolire. Si allontanò dagli amici, dai familiari che cercavano di farla ravvedere. Non era una semplice preferenza ma una chiara ed evidente, legittima ansia che un episodio diventasse la valanga che schiaccia i selciati.
Una sera il litigio divenne irruente tempesta e lei cadde fragile in un pianto che fuoriusciva e non veniva da lui acquietato, da lui che con indifferenza rimaneva immobile sui suoi perché, lasciandola distesa a terra, rossa, con le guance morbide fra le mani e i capelli arruffati dalla disperazione. L’amore deve far splendere di nuova luce, deve dare nuova forma ai sorrisi, deve infondere sicurezza e serenità non deve togliere vita, non deve far mancare il respiro, non deve far appassire prati e fiori di mandorlo. Quella sera si accorse di quanto fosse oramai piccola, magra, spenta, avvilita e annichilita. Si fece forza ricordando chi era stata, come era, cosa voleva essere. Ma lui tornava e lei non riusciva a non rimanere avvinghiata a quella mano, strisciando ad ogni suo passo mentre lui non guarda indietro e lei sanguina mentre striscia e striscia e striscia sull’asfalto. Lei non è lei, lei non è Gemma, non è Giada, non è Leandra, non è Mara, lei è semplicemente chiunque si sottometta alle sue manipolazioni lievi, invisibili, celate, subdole e invasive. Tutte si sarebbero sentite poco belle, poco amate, e nello stesso tempo desiderate e amate. Finendo per rimanere a terra, come asfalto, come tutte, senza volto, senza nome, una come tutte. Una che porterà i segni. C’è chi riuscirà ad avere il meglio, c’è chi si avvinghierà a nuove gelide mani sotto guanti d`avorio, c’è chi si perderà guardando le nuvole con rabbia verso il mondo, imprecando alla vita.

Ma la vita ti chiede di curare la tua luce. Ci sentiamo autorizzati a strappare le foglie di un albero senza forma, di gettare la carta sporca in un luogo devastato e incolto e se ti rendi terreno incolto, ti avvinghierai a mani che gettano carte stracce e pestano parquet con scarponi sporchi di melma.
Tornarono insieme, partendo da nuovi e vigorosi propositi, dagli occhi lucidi di chi ha capito di amarsi e credendo che tutto può cambiare. Ma non tutto è amore, amore non è tutto questo, amore è libero abbraccio, è uno sguardo tenero e presente, una naturale indole che sprona e incoraggia a far emergere il meglio di se’, ad andare, a ricevere e avere affetto, a progettare insieme scenari di realizzazione e unione, è camminare accanto, è tenersi la mano, non è strattonarsi stringendola, non è avvinghiarsi come se fosse l`unica scelta possibile.
Il coraggio di chi sceglie la solitudine e il proprio amore, la cura di se’ porterà lontano gli occhi che desiderano vedere il mare, non le fogne sudice abbellite da divani e fotografie.

Gemma si ritrovò con Antonio, sembrava tutto diverso, nuovo, forte, intenso, vero. Poi ricominciarono i litigi, e lui diceva di tenere a lei e che le davano fastidio dei comportamenti. Lei credeva di farsi forte esprimendo le sue idee, pensava di farlo imponendosi ma era succube. Ricominciarono a fare l’amore dopo aver pianto per rabbia, dopo aver urlato, dopo essersi rincorsi per strada. Avevano ricominciato a vedersi, a nascondersi, a mentire, a cedere al destino che li riportava lì. Ricominciarono a baciarsi, a chiamarsi, a cercarsi, a stringersi, ricominciarono a parlare e parlare e parlare, ricominciò a perdere i suoi sogni, a non fare, ricominciò a lavorare ma a non fare ciò che avrebbe voluto. Ricominciò a isolarsi, ricominciò a perdere, ricominciò ad arrabbiarsi, ricominciò e stavolta cadde per terra, sbattendo in quell’angolo del tavolo che le colpì la testa, che le colpì la grande bellezza che era. Le luci dell’ospedale sui suoi occhi gonfi, chiusi. Tutti intorno, lui assente. Si svegliò ma aveva perso la capacità di esprimersi senza balbettare, non riusciva a muovere bene il labbro e aveva difficoltà a pronunciare alcune parole. Quel colpo aveva compromesso alcune aree del cervello. Quel colpo l’aveva bruscamente svegliata dall’illusione che lei aveva scelto, che era tutto sentimento intenso. Quel colpo la svegliò ma oramai era troppo tardi.

Quel colpo la fece cadere inerme, sola, le fece scivolare dalla tasca una lettera che portava sempre con se’. Sua sorella le aveva scritto anni prima, quando tutto era iniziato. Non riusciva a calmare i suoi pensieri, le sue domande sul perché una persona di grande valore sceglie di non darsene, di farsi annientare. Gemma la portava sempre con se’ quella lettera, sapeva che aveva ragione, che le voleva bene ma aveva continuato a non volersene lei e oramai era troppo tardi. Nella lettera erano incise queste parole:

“Arriverà qualcuno che ti porterà il sole dentro, che ti scalderà anche nei giorni di neve, arriverà qualcuno che ti terrà delicatamente la mano ma con decisione e sicurezza, arriverà chi non ti farà spaventare, chi ti farà vedere aspetti meravigliosi di te, arriverà qualcuno per cui avrai gli occhi socchiusi e teneri per la stima e l’amore. Arriverà e non andrà via. Arriverà e ti farà capire quanto è semplice, quanto riempie ogni cosa”.

Quel colpo le fece stringere ancora una volta quella lettera ma oramai era troppo tardi.
Gemma iniziò un viaggio con se stessa, con una psicoterapeuta subito dopo il terribile avvenimento. Acquistò molta sicurezza nonostante le difficoltà di linguaggio. Modificò la sua vita e cominciò a muovere passi verso il suo lavoro e i suoi sogni. Se solo avesse acquisito quelle sicurezze prima, se solo avesse deciso di indagare sulla sua vita, sui battiti più sussurrati prima.

La violenza ha le mani, la violenza può avere la voce, la violenza può essere muta, la violenza non esiste davanti l’amore per se’, non esiste davanti la sicurezza vera che dalla conoscenza di se’ giunge.